La chiesa fu eretta tra il 1588 e il 1628 su progetto dell’architetto gesuita Alfio Vinci, poi sostituito dall’architetto Natale Masucci e venne affidata ai frati gesuiti, voluti in città da donna Luisa Moncada e dal figlio Francesco II per innalzale la qualità della cultura cittadina. Il grandioso portale settecentesco di Ignazio Marabitti, in candida pietra bianca e coronato da un timpano spezzato, introduce a un interno a croce greca, rivestito di marmi incastonati e ricco di simboli gesuitici che richiamano la spiritualità dell’ordine.
Al centro della volta, restaurata nel 1950 da Luigi Garbato, si apre un affresco illusionistico in cui il trionfo dell’ordine si libra verso il cielo, incorniciato da decorazioni in finto stucco e capolavori pittorici dedicati a temi eucaristici e mariani che animano navata, transetto e cappelle. Ogni braccio accoglie sacelli decorati con marmi policromi e opere di artisti siciliani: la cappella di Sant’Ignazio, arricchita da un rilievo di Marabitti con i quattro continenti ai piedi del fondatore. L’altare si apre centralmente rivelando il corpo mummificato di Sant’Aurelio Martire, il cui corpo fu traslato dentro la chiesa su volontà di Donna Luisa Moncada, circondato da numerose reliquie.