Miniera Gebbiarossa

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La miniera di Gebbiarossa, situata tra Caltanissetta e Delia, rappresentava uno dei tasselli significativi del grande mosaico produttivo che, tra Ottocento e primo Novecento, fece della Sicilia il cuore mondiale dell’estrazione dello zolfo.

Pur non raggiungendo la fama e la potenza estrattiva di colossi come Trabonella o Gessolungo, Gebbiarossa svolgeva un ruolo importante come miniera di media grandezza, capace di alimentare la rete di commerci e di sostenere l’economia locale.
La sua posizione, a ridosso di un territorio agricolo vitale come quello di Delia, la rendeva un punto di contatto tra due mondi: da un lato la tradizione contadina, dall’altro l’industrializzazione mineraria che trasformò radicalmente il paesaggio e la società del Nisseno. Le gallerie, i calcaroni e le strutture di fusione che vi sorsero testimoniavano l’intensità di un’attività che richiedeva manodopera abbondante, spesso giovanissima, e che contribuiva a quell’immagine di “capitale dello zolfo” che Caltanissetta si guadagnò a livello internazionale.

Attiva dalla seconda metà dell’Ottocento fino al 1965, questa solfara sfruttò inizialmente tecniche tradizionali come le calcarelle e i forni Gill per ricavare il minerale, scegliendo come combustibile anche il gesso presente in loco. Negli anni Sessanta solo poche zolfare – tra cui Gebbiarossa – erano ancora gestite da importanti concessionari esteri, mentre i carusi, bambini e adolescenti che trasportavano i blocchi di zolfo, animavano il complesso con il loro faticoso lavoro quotidiano. 
Gebbiarossa, insieme ad altre miniere di media scala come quelle di Sommatino e Riesi, costituiva l’ossatura diffusa del bacino: non i grandi poli che attiravano l’attenzione dei mercati esteri, ma i siti che garantivano continuità produttiva, capillarità e radicamento nel territorio. Era proprio questa rete di miniere intermedie a rendere il sistema nisseno così potente e resiliente, capace di sostenere per decenni la domanda mondiale di zolfo destinato all’industria chimica, agli esplosivi e ai fiammiferi.

Con la crisi del settore, a partire dagli anni Trenta del Novecento, anche Gebbiarossa conobbe un lento declino, fino all’abbandono definitivo. Oggi i ruderi e le tracce minerarie rimaste non sono soltanto testimonianza di archeologia industriale, ma anche memoria viva di una comunità che ha intrecciato la propria identità con la fatica dei minatori e con il respiro internazionale di un’economia che, per un secolo, fece della Sicilia un crocevia globale.
L’area conserva oggi i resti del pozzo estrattivo, dei calcheroni e delle discenderie, offrendosi al visitatore attraverso percorsi ciclopedonali e tour guidati promossi anche da studi universitari e guide locali che raccontano aneddoti sulla vita mineraria e i sacrifici delle famiglie di braccianti.

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