In passato rivestiva un ruolo strategico negli scambi commerciali con l’entroterra siciliano considerato che questo fiume è affluente del Gibesi e il Gibesi affluente del fiume Salso, in passato navigabile.
Il sito in cui sorge il castello, come testimoniano le campagne di scavo condotte, è stato popolato a partire dal terzo millennio a.C. La struttura del castello è articolata in quattro livelli: il primo livello presenta un’altezza variabile che si adatta alla morfologia del terreno, con quote più basse a nord. Nella parte orientale è posto l'ingresso, coperto con volta a botte archiacuta; il secondo livello corrisponde al piano posto sopra la volta d'ingresso; il terzo livello conserva l'unico ambiente coperto giunto ai nostri giorni, con copertura a volta a sesto acuto e cinque feritoie alle pareti, mentre l'ultimo presenta un camminamento merlato e i resti della torre più grande con quattro finestre verso occidente.
Il castello è stato teatro di sanguinose battaglie che l'hanno portato a subire incendi e parziali distruzioni a partire dalla presa normanna fino alla quasi totale distruzione al tempo della Guerra del Vespro. Tra le tante storie che hanno scandito la vita del Castello di Delia una fu resa celebre attraverso la pubblicazione di un'opera letteraria, nota con il titolo di “Historia Sicula” e attribuita a Nicolò Speciale. Nell'opera in questione è documentato un tragico episodio avvenuto all'interno delle mura del Castello di Delia. Della cronaca deliana dell'Historia Sicula esiste anche una versione romanzata dallo scrittore Mezzabotta. Questo autore ha arricchito il racconto con molti particolari e se da una parte possiamo intuirne la veridicità di quanto scritto, dall'altra non possiamo storicamente averne certezza.
Il castello fu ricostruito nel corso del XIV secolo. Vi sono evidenze della frequentazione dei baroni della famiglia Ortolano nella fortezza dal XV secolo fino alla prima metà del XVI secolo. Da questo momento in avanti, dapprima si assiste a un periodo di abbandono e poi a una fase di recupero della struttura durante il grande cantiere messo in piedi per la fondazione di Delia a partire dal 1598. Il definitivo abbandono avviene nel corso del '600, durato così a lungo che da Vito Amico, nella metà del ‘700, viene descritto come un rudere. Da questo momento in poi il castello assume il nome di Torre del Castellaccio. Alla fine dell'Ottocento viene definito monumento nazionale ed è oggetto di un primo restauro che ne attribuisce l'origine al periodo normanno (Castello dei Normanni). L'attuale configurazione del castello la si deve alle campagne di scavi e di restauri che ci sono state tra il 1987 e il 1995, le quali hanno riportato il vecchio maniero come si presentava all’inizio del '600.