Serra dei Gessi

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La Serra dei Gessi è un crinale roccioso che si staglia come un’enorme scultura naturale tra Delia e Serradifalco, testimonianza viva dell’antico mare evaporitico che ricopriva la Sicilia in epoca messiniana, circa 5,5 milioni di anni fa.

Questa dorsale, composta da spessi e candidi sedimenti di gesso e anidrite, assume al tramonto un colore dorato che sembra incendiare l’orizzonte, trasformando il paesaggio in un teatro di luce e pietra. Percorrere la Serra dei Gessi significa attraversare un museo geologico a cielo aperto: nei tagli delle vecchie cave o lungo i sentieri sterrati, si possono osservare affioramenti di cristalli selenitici, “sale del sottosuolo” che brillano al sole come piccole scaglie di vetro opaco, e stratificazioni regolari che raccontano le fasi di evaporazione del bacino mediterraneo. La morfologia carsica ha inciso sulla Serra una serie di doline, inghiottitoi e grotte di gesso che, pur meno estese delle famose Grotte Giunta, riflettono lo stesso mistero sotterraneo: acque piovane penetrano profonde fratture, creando intarsi di paesaggi marmorei sotto la superficie. Nei mesi primaverili, i pianori in cima alla Serra si popolano di orchidee selvatiche e cespugli di Ampelodesmos mauritanicus, mentre ai margini dei tratti ghiaiosi fioriscono asfodeli e fiordalisi, segnale della rinascita vitale in un ambiente altrimenti aspro. 

Tra gli scorci più suggestivi, il Belvedere di “Portella Scalazza” offre un affaccio sulle vallate coltivate a mandorli e ulivi, un mosaico che alterna l’ordine degli agrumeti alla selvaggia geometria delle balze gessose. Sin dall’Ottocento la Serra fu sfruttata per il gesso, materia prima preziosa per calce e intonaci, ma il declino delle cave ha lasciato in eredità monumenti di archeologia industriale: piccole fornaci, ruderi di teleferiche e solchi di binari Decauville che un tempo trasportavano i blocchi estratti. Oggi le cave dismesse sono rifugio per rapaci come il falco pellegrino e la poiana, mentre il silenzio che cala all’imbrunire è rotto solo dal richiamo dell’upupa e dal battito d’ali delle allodole.

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